Verso una Doc Campania da 100 milioni di bottiglie? Il dibattito è aperto

Comitato promotore con Regione capofila. Primo obiettivo: sgombrare il campo dalle contraddizioni

Verso una Doc Campania da 100 milioni di bottiglie Dibattito aperto, posizioni contrastanti
Il cerchio inizia a stringersi attorno all’istituzione della Doc Campania, nuova denominazione di origine controllata che avrebbe un potenziale di circa 100 milioni di bottiglie. Un argomento che anima i corridoi del vino campano, dalle cui finestre traboccano non pochi mugugni. Da settimane. Il dibattito in corso lascia infatti aperti numerosi interrogativi, farciti dalle contraddizioni dei protagonisti in gioco. Su tutti, n
on è chiaro se la nuova Doc andrà ad aggiungersi a quelle già esistenti, oppure se andrà a sostituirne alcune. O addirittura tutte.

In prima fila, tra i promotori della nuova Doc, c’è Regione Campania. L’assessore all’Agricoltura Nicola Caputo ha apertamente parlato di «necessità di razionalizzazione delle Doc campane del vino», il cui numero è «forse eccessivo al momento». Dichiarazioni pubbliche, rilasciate in occasione dell’edizione 2022 di Campania Stories, unico evento che consente alla stampa di degustare in anteprima le nuove annate dei vini campani. La richiesta di ulteriori delucidazioni sull’argomento avanzata mesi orsono da winemag.it giace negli uffici di Caputo, senza alcuna risposta.

SANNIO, CONSORZIO FAVOREVOLE ALLA DOC CAMPANIA

Tra i Consorzi che non nascondono il proprio parere favorevole alla Doc Campania c’è quello del Sannio. «L’idea – annuncia il presidente Libero Rillo – è quella di istituire a breve un comitato promotore, a cui dare il compito di sondare le opinioni di tutti gli attori in gioco. Al momento si sa ben poco, se non che alcuni territori sono più convinti di altri. In Irpinia, per esempio, le resistenze alla Doc Campania sono dettate dal fatto che manchi un’Igt di ricaduta, che deve essere presente in ogni zona per evitare la svalutazione delle uve che si decide di declassare».

Detto ciò, non abbiamo ancora certezza di quali vitigni includere o escludere, nonché delle tempistiche. L’eventuale passaggio da Igt a Doc Campania comporta l’approvazione della Regione, del Ministero e dell’Ue. È possibile ipotizzare un percorso di almeno 2 anni».

Ma quando saranno chiare le idee in Campania? «Noi, nel Sannio – risponde Libero Rillo – siamo già abbastanza d’accordo, all’interno del Cda del Consorzio. Pure se non dovesse funzionare, la nuova Doc non farà certo danni. La convinzione è che potrebbe anzi trascinare il territorio, non affogarlo. Avere una denominazione che possa accomunare tutta la regione, in un contesto di globalizzazione, renderebbe la Campania del vino più forte sui mercati nazionali e internazionali. Del resto, le Doc già presenti non sarebbero eliminate».

CONFAGRICOLTURA CAMPANIA CAUTA SU UNA DOC REGIONALE

Più cauta la posizione di Confagricoltura in Campania. «Sono tra i fondatori del comitato promotore dell’Igp Olio Campania, progetto appena accolto dall’Ue – spiega il presidente di Confagricoltura Benevento, Antonio Casazza – quindi non posso che accogliere con favore un dibattito sul brand regionale. Il marchio Campania può essere un traino in molti comparti, dall’olio alla zootecnia, passando per l’ortofrutta. Ma su una Doc Campania del vino sarei un po’ più prudente».

 

La Doc sarebbe più restringente rispetto all’attuale Igp, dunque potrebbe costituire un elemento qualificante. Al contempo andrebbero valorizzate le Doc locali, già esistenti. Su questo tema, in definitiva, è necessario un confronto, che l’assessorato all’Agricoltura sembra voler intavolare con tutti gli attori in gioco.

Settimana scorsa è stato chiesto il parere delle associazioni di categoria, che dunque potranno dire la loro al fianco dei viticoltori. Il tema è caldo e mi auguro che in pochi mesi si arrivi a una sintesi, con un progetto unitario».

LUIGI MAFFINI (FIVI CAMPANIA): «NUOVA DOC? UN IMPOVERIMENTO»

Non gira intorno al punto Luigi Maffini (nella foto sopra, a sinistra), vignaiolo a Giungano, in provincia di Salerno, nonché vicepresidente di Fivi – Federazione italiana vignaioli indipendenti. «Siamo contrari all’istituzione della  Doc Campania – spiega Maffini a winemag.it – in quanto crediamo che la sua attuazione non conferisca un valore aggiunto alla nostra regione, bensì un impoverimento. Laddove si cercano unicità e differenze e si parla di “potenza espressiva dei singoli terroir”, non si può rispondere con un appiattimento dell’offerta vinicola,  specialmente in un territorio come la Campania, che vanta una estrema eterogeneità sia dal punto di vista pedologico che climatico».

L’introduzione di tale Doc vanificherebbe l’impegno concreto di migliaia di piccole e medie aziende che, ogni giorno, lavorano tenacemente per produrre, valorizzare e comunicare le diversità e le specifiche tipicità dei loro vini, dei luoghi e della loro storia».

«La nostra regione, forse unica in Italia – continua Luigi Maffini – vanta 4 importanti vitigni autoctoni di comprovata potenzialità (Fiano, Falangina, Greco e Aglianico) e decine di vitigni autoctoni minori, ma non per questo meno importanti. Sono riconosciute 3 Docg e tante altre Doc di territori dalle comprovate potenzialità viticole legati ad aree geografiche ben precise».

Maffini lancia poi una proposta. «Il “brand Campania” è molto forte per alcuni prodotti alimentari di diverse origini produttive – commenta il vicepresidente Fivi – ma è inopportuno nel settore  vitivinicolo. Meglio sarebbe valorizzare la già presente Igt Campania rendendola come “unica IGT regionale“, eliminando quindi le molteplici Igt che insistono nei diversi territori. Lasciando così le Doc e le Docg dei singoli territori al vertice della piramide qualitativa del vino campano, con il  ruolo di rappresentarne la “punta di diamante”. E su esse concentrare le politiche di sviluppo future».

L’EX PRESIDENTE SLOW FOOD GAETANO PASCALE: «NO AL CALDERONE»

Sull’argomento anche Gaetano Pascale (nella foto sopra, a destra), ex presidente di Slow Food Italia e referente dell’associazione per la Regione Campania dal 2006 al 2014. «Non si tratta – sottolinea – di essere favorevoli o contrari alla Doc Campania. L’idea di un comitato promotore è auspicabile, ma ancor più c’è bisogno di vere e proprie assemblee preliminari. Questa discussione va fatta prima di tutto con i viticoltori e in seguito con i vinificatori e trasformatori, perché è la viticoltura che annaspa di più in questo momento, rispetto a chi trasforma.

Più in generale, non sono innamorato delle denominazioni ampie. La fortuna delle Doc di qualità sta proprio nella capacità di rendere riconoscibili i territori. Ed è su questo che mi concentrerei preliminarmente, ovvero sulle strategie di promozione della qualità nei singoli territori».

«La mia sensazione, anche a fronte delle dichiarazioni delle istituzioni regionali – continua Gaetano Pascale, tra l’altro vignaiolo a Guardia Sanframondi, in provincia di Benevento – è che si vada verso una Doc Campania che sostituisca quelle attuali. A mio modo di vedere sarebbe un peccato, soprattutto per una regione che ha un patrimonio di varietà autoctone così variegato: varrebbe la pena non mettere una tale biodiversità in un grande calderone».

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